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SETTEMBRE 2024
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Il Meglio e il Peggio del mese
CAMPO DI BATTAGLIA di Gianni Amelio
Sceneggiatura di Gianni Amelio, Alberto Taraglio

Con Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rosellini

Gli scorci di guerra che introducono al clima gelido del film non hanno un respiro insorgente. Senza alcun dubbio un richiamo seppur collaterale fatto di sguardo controcorrente avrebbe impresso sul fango sporco del primo conflitto mondiale un rinnovato ma forse pericoloso confronto con storiche pellicole belliche che Gianni Amelio ha preferito evitare. La prima impressione ponderata vedendo questa storia fa sembrare che,Un Anno sull’Altipiano di Emilio Lussu non sia mai stato scritto e con esso il conseguente film,Uomini Contro di Francesco Rosi,la più importante opera del cinema italiano sulla Grande Guerra,non abbiano lasciato nella filigrana della cultura nazionale un’eredità di profondità antiretorica e di fondamenti veramente pacifisti. Optando per modi più utilitaristici e distinguo meno impegnativi le scelte registiche trattano l’argomento con stemperato vigore facendo emergere dal narrato quel tanto basta di ineluttabile che l’evento e le sue conseguenze fanno tracimare sugli uomini. Aleggia in sottocoperta il segno distintivo dei nostri giorni. Come se la finestra aperta sul passato fosse uno specchio per i contemporanei in cui rimembrare e rimescolare genericamente ragioni o irrazionalità evitando l’affondo. Sono peraltro le violenze sommerse delle distruzioni che più delle ferite sanguinanti provocano l’annientamento dell’anima,perpetuando una ruota di moto continuo sul mondo,l’inesplicabile aggrovigliato su se stesso e giammai risolto. Niente di nuovo sul fronte guerresco delle Dolomiti anche perché il racconto privilegia uno strano limbo nelle retrovie,all’interno dell’Ospedale che accoglie i feriti della prima linea fra controllate tensioni e sentimenti discretamente ovattati. Qui predomina il desiderio di sopravvivere un giorno ancora e magari la speranza di essere investiti da una fortuna colposa che riporti a casa un fardello di umanità. I due medici protagonisti in corsia paiono formare il centro pulsante di una missione che non sia più soltanto luogo delegato del comando militare. Un crocevia di certo voluto o accidentale per i combattenti ma da lì a poco di primaria rilevanza per le intere popolazioni limitrofe. L’uomo e la guerra seminano ruoli,legami,che tutti paiono accettare supinamente senza porsi domande cruciali. Non c’è avversione ancestrale alle armi quasi rappresentassero un passaggio obbligato dal fato,ma non si avvertono fili sottili distesi dalla religione e nemmeno grida laiche di civile ripudio. Quando conoscenza e amicizia ingaggiano disfide private con punte di meschino antagonismo,cercando di influenzare capitoli di diversità e di imprimere rilievo a doti individuali che puntualizzino la statura di questo e quel personaggio,si denotano i limiti del film. Tutto è accuratamente abbozzato e superficialmente presentato lasciando a quadri estemporanei il compito di favorire una degustazione standard. Campo di Battaglia ha il battito poco incisivo di chi vorrebbe con presunta ambizione raccontare la Storia strizzando l’occhio ai fantasmi dell’oggi. Prova a suscitare coinvolgimento con facile iconografia,vorrebbe infondere smarrimenti,paure,che fondino passato e presente nell’abisso delle tragedie endemiche. Metà film per prepararsi al topico momento dell’epidemia “Spagnola” che mieterà militari e gente comune mentre la medicina appariva disorientata ieri come ora. La pandemia del 1918 troverà in seguito il suo antidoto ma per il nostro film non c’è vaccino,e resterà letale.