Primo Piano
Crossfire
Film Joker
Box Office World
Premi & Festival
Trova Cinema
La Vetrina
In Sala
Scrivici
Il coraggio é contagioso
Julian Assange e WikiLeaks, un quinto potere che fionda tra passato e futuro
Il flop annunciato di un film dai temi scomodi e aggredito da media pavidi

A cura di FRANCO FERRI

Benedict Cumberbatch nel ruolo di  Julian Assange
Benedict Cumberbatch nel ruolo di Julian Assange
WikiLeaks,una parola dal suono sferzante che ha rappresentato negli ultimi anni la punta di diamante di un grande cambiamento. L’impatto del mondo web sull’informazione che ha bruciato in un attimo dogmi e stratificazioni del’apparato mediatico facendo invecchiare tutto un modo scientifico di proporre la notizia al pubblico. Julian Assange,il creatore di questa piccola quanto grande e ardita impresa,reso colpevole dalle autorità e dal tempio mediatico sta tuttora pagando a caro prezzo le scottanti rivelazioni che hanno fatto traballare governi e istituzioni mondiali. L’arrivo de Il Quinto Potere lo ha stranamente visto contro il film della DreamWorks. Ha scritto di recente a Benedict Cumberbatch,interprete di lui nel film,prendendo le distanze e fornendo una propria versione sui generis. “ Questo non è un film che va verso il pubblico,egli vuol vedere i più deboli vincenti ma hanno distolto il solo mercato che avevano,la gente che ama WikiLeaks e la nostra organizzazione “. La vicenda racconta una trama che a tutt’oggi non ha epilogo,non conosciamo né vincitori,né vinti perché il magma del film (e della realtà) è al presente nonché in divenire,la regia di Bill Condon lo tiene a mente lasciando un tocco stilistico forse freddo ma adeguato all’impalpabile,sostanziosa descrizione della materia. Si narra con toni da apologo il pionierismo di un’era e l’impatto di questa nelle coscienze anche quelle disarticolate da essa,senza patire coinvolgimenti militanti ma non va confuso con un istant-movie. La dissociazione di Assange sembra nascere da opportunità diplomatiche e difensive,il tentativo di fermare l’eventuale successo di un film che paradossalmente avrebbe portato troppa luce e benzina sul fuoco della sua immagine giudiziaria e degli ideali incarnati. Il Quinto Potere,in ciò ha ragione Julian,non è un film per platee indifferenziate si posiziona sul registro del cinema indipendente lasciando ad altri partigianerie ad effetto. La figura carismatica del fondatore di WikiLeaks non è per nulla in discussione e resta tutto da dimostrare che nella storia sia descritta negativamente. Casomai il dualismo con l’amico rivale Daniel Berg evidenzia punti di vista snodali,divergenti fra integrità originale e correzione mediata delle fonti informative; un dibattito modernissimo e aperto. La strategia dei dissuasori punta ad altro,c’è tutto un cosmo trasversale al sistema politico finanziario colpito da WikiLeaks e l’informazione tradizionale rimane un caposaldo protettivo di questi interessi. Tutta l’editoria cartacea,escludendo i quotidiani che hanno divulgato gli scottanti segreti,non perde occasione per sconfessare e ridimensionare l’insidioso nemico anche quando le tesi sono in un film. In molti si sono cimentati nelle tipicità della stroncatura preventiva accentuando aspetti distanti e secondari,glissando sullo specifico della pellicola. Paolo D’Agostini su La Repubblica fa capire che Assange non gli piace fuori e tantomeno dentro lo schermo,” Il profilo che emerge è quello molto sgradevole di un uomo ossessionato dall'essersi attribuito una missione superiore,pericolosamente idealista “. Il fondatore di WikiLeaks in un dialogo della vicenda afferma che il coraggio diventerà contagioso ma questa abnegazione per la società è un sacrificio molto spesso non riconosciuto,lo insegna la storia nei secoli. Per Alessandra De Luca (Avvenire),” Il film preferisce trasformare il fondatore della piattaforma online,una figura senza dubbio piena di ombre,in una sorta di psicopatico pronto a mettere a repentaglio con le sue rivelazioni la vita di molte persone “. Nella raffica contro il pericolo del quinto potere,la nuova informazione che non arretra,mette del suo Maurizio Porro sul Corriere della Sera autenticando l’ombra del dubbio,“ Trattasi di rivoluzione dell'informazione o di una nuova strategia di spionaggio come la Cia ? ”

Alessandra De Luca
Alessandra De Luca
Il critico romano Fabio Ferzetti invece porta l’opinione dentro il valore comunicativo e linguistico del cinema. Sul Messaggero dice ” Come farà questo mezzo nato nell'800 a rappresentare il flusso ininterrotto di informazioni che scorre nelle vene senza corpo della Rete,si esce dalla sala con la sensazione di avere visto tre film in uno tutti vistosamente in ritardo. Come se il mondo digitale si muovesse ormai troppo velocemente rispetto all'otturatore della cinepresa “. Almeno un modo corretto e integrato di restare opinionisti cinematografici ma il problema che suggerisce non è nel cuore del cinema ma resta esclusivamente di natura personale. L’evoluzione di questo mezzo è in simbiosi da tempo fra tecnologia e pensiero esplorando sperimentazioni e nuovi stili,del resto se c’è un appassionato,divulgatore inossidabile (lo scrive sempre) del film dal sapore antico con retrogusto di neorealismo,quello è proprio lui,lontano anni luce dai metadati di questo cinema. Giulia D'Agnolo Vallan de Il Manifesto fa una singolare affermazione lasciando capire che il film è un oggetto blando,sonnolento e addirittura “così reazionario” . Ci lascia convinti stavolta da un dubbio verace che durante il film si sia addormentata oppure non l’abbia mai visto. C’è un capitolo in cui Julian Assange paragona il Quinto Potere all’avanzata inarrestabile prodotta dal Quarto Stato,l’inizio di una rivoluzione che si colloca di forza in lotta,futuro contro passato. E all’estero ? Il The WallStreet Journal è in prima linea al fronte,portavoce del mondo finanziario e rappresentante di un trust globale di giornali e tv,nelle parole di Joe Morgenstern mostra schietto dissenso.“ Nel film al posto di una trama coerente c'è una cascata a tutto schermo di dati informatici che sostituiscono uno spessore drammatico “. Fra i periodici dello spettacolo,quelli che sostengono il mercato promuovendo spesso anche i mediocri,il pollice verso Il Quinto Potere pare d’obbligo.” Possiamo definirlo un film che fa fatica ad emergere “ dichiara Dennis Harvey su Variety mentre il collega John DeFore di Hollywood Reporter molto pilatescamente apostrofa il film di Bill Condon come “ordinaria levatura”. Il fallimento commerciale di un film ad Hollywood sembra possedere una logica surreale ma spietata. Tutti coloro che volevano accompagnare con devozione il film al sepolcro,hanno cercato in contemporanea la delegittimazione dei suoi contenuti. Non sappiamo dire se ci siano riusciti fino in fondo ma certamente sono stati usati molti strumenti promozionali. Il flop gode delle stesse leggi che danno successo al box office.
2 novembre 2013